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Racconti



GIALLO


Ci trattennero una piccola somma dal prezzo del biglietto, per dare a Giallo la possibilità di seguire una nuova pista.
Il cane Giallo viveva il una barca, ormeggiata lungo le rotaie di un binario fuori servizio.
Giallo era giallo, con denti stretti in un morso pesante, con quattro zampe di guerre calpestate e occhi verdi di biglia.
Alla quarta fermata, Giallo, aveva percorso già il nostro stesso viaggio.
Ci sparó il suo sguardo sincero negli occhi, un attimo prima che ripartissimo.
Così, intrappolò, i nostri pensieri in quel vagone di speranza.

Della vita di Giallo ci sarà ancora da raccontare, perché questa è la sua storia senza capo ne coda, vissuta nel mezzo dei molti treni da inseguire, negli sguardi da incrociare e nelle lunghe carezze da perdonare .
Giallo è un cane, come tanti altri cani, ma questa è comunque la sua storia, con la sua medaglia e il suo rovescio.
Lui si alzava, puntuale alla sveglia del mattino, scrollava di dosso il ghiaccio della notte, assicurava gli ormeggi e dalla sua barca balzava a terra, lungo la via del carbone.
Raggiungeva in fretta la stazione, che da poco profumava di un nero caffè e pasta sfoglia.
Guadagnava il suo primo pasto e il primo posto sulla tabella di marcia.

Al terzo binario un treno era in partenza, Giallo attendeva il viaggio, da seguire.
Tutti erano al loro posto, e al secondo fischio il treno cominciò a sferragliare la sua corsa.
Il cane Giallo non attese alcun segnale, sfrecciò, brillante di luce d' agatha, lungo il solco sentiero che costeggiava quel binario.
Correva, correva.
Lui correva più veloce di chiunque.

Lo si poteva vedere, dall'ultimo finestrino dell' ultimo vagone di quel treno.
Lanciato in corsa, spinto dal suo rosso motore di un grande cuore.
Prossima fermata Casadisassi.
Il treno si preparava alla frenata e Giallo, solo adesso, lo affiancava e scalava le sue marce.
Giunti al passo a quella stazione, poche panchine di legno secco e un groviglio di cestino per i rifiuti, li attendevano.
Giallo, nel vapore di quella breve pausa, aspettava il prossimo sguardo da incrociare.
A porte aperte, di li, scese una ragazza e il suo gatto con l'elmo.
Un gatto con l'elmo dai baffi di nastro di raso, rosso nel bianco e coda lunga spezzata di nero in fine.

La ragazza sapeva bene guardare, lo faceva di professione.
Cosi, trovò negli occhi di Giallo, il suo sguardo da incrociare.
Lo guardò, e in quell'istante guarì la sua fatica.
Poi, si allontanò, seguendo gatto con l'elmo nei giardini confusi delle case di sassi.
Giallo sarebbe presto tornato, da loro.
Giungeva l'ora di ripartire, di seguire il treno, che già si allontanava tremando da quella stazione.
Il cane Giallo riprese a correre.

Il paesaggio mutava lungo il viaggio. Il verde, ora si spogliava lentamente, lasciando spazio ai colori grigi della sabbia e del ferro graffiato.
Ben presto, seguendo il treno, Giallo sarebbe giunto a Ferrovecchio .
La stazione di Ferrovecchio era un porto di uomini scuri, un cantiere aperto a nuove opere sperimentali.
Sotto asfalti sconnessi, macchine pesanti, rullavano neri corridoi e gallerie da sogno.
Giallo sostava lungo il binario di scorrimento, e da lì, interrogava lo scorrere di sguardi operosi.
Profili sconosciuti diffidavano dalle imprese portate da Giallo, negli occhi.

Sapeva sarebbe stato uno dei tanti bocconi amari, che avrebbe dovuto ingoiare, ma Ferrovecchio lo riempiva di buoni propositi, di energia progressiva, per continuare il suo viaggio.
Scesa e risalita l'intera capacità di quel treno non rimaneva che ripartire.
Giallo riprendeva il sentiero che costeggiava le due rotaie maestre, parallele e mai unite.
Sopraggiungeva, ora, il treno. A velocità crescente, in elettricità corrente e con un tiepido spostamento d'aria, sorpassava Giallo, che ingranava ad una prossima ripresa.

La corsa alimentava il suo pensiero. Sconfinato, perdutamente libero.
L'alta velocità, invece, dava una certa euforia.
Con l' incoscienza di un cucciolo, Giallo, consumava ogni distanza doppiando l'orizzonte, anche quando il sentiero diveniva irregolare .
Non sentiva alcuna fatica nelle fibre ne torpore nel movimento.
Ora l'aria si faceva densa, come una spugna assorbiva il contenuto di quel momento.
Odorava di fumo, di pelle consumata e di briciole.
Preannunciava la sua prossima fermata.

Il treno fermava a Gigliodoro e a seguito Giallo, che si sospingeva in frenata.
Qui, generosa cortesia, ricostituiva la fame e la sete.
Consisteva, come un forte abbraccio sincero, come un antico amore ritrovato.
Gigliodoro era la stazione di un lungo sogno realizzato.


GIALLO.STORIA NEL MEZZO.


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